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Supermalus

Di recente, è tornato in auge nel dibattito politico la decisone adottata da parte del governo, precisamente dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, di abolire le nuove cessioni di credito e gli sconti in fattura relativi al superbonus 110% ormai in funzione da circa due anni dalla sua introduzione col decreto rilancio 2020. Dapprima cavallo di punta del Movimento 5 stelle che lo ha usato come principale mezzo risanatorio per le attività edili ed economiche ai difficili tempi post pandemici. Sin da subito furono molti i dubbi che tale misura suscito in numerosi economisti che non ostentarono critiche a Giuseppe Conte e al movimento pentastellato, le cui manovre si andavano sempre di più concentrando su politiche di assistenza premiale. Al 2023 molti di quei dubbi sono stati confutati dai fatti:


1) L’alienazione degli interessi tra compratore ed offerente.

Una delle prime criticità del superbonus era proprio la copertura al 110% che coprendo interamente i costi delle materie prime impossibilitavano a priori i processi di contrattazione tra compratori ed offerenti. Ciò ha causato che questi si accordassero ad una lievitazione dei prezzi a favore dei fornitori che videro i loro profitti aumentare. Difatti le quotazioni dei materiali nel mercato delle materie prime alle volte con tassi di variazione a 2 cifre si riversarono repentinamente sui costi di ristrutturazione degli immobili. Secondo i report di Enea (Agenzia nazionale nuove tecnologie, energia e sviluppo sostenibile) l’aumento è stato del 22,3% le abitazioni singole, il 18.8% i condomini e del 13,6% le unità funzionali indipendenti, che si traduce in termini di costi di un aumento di oltre 2,5 mld di € alle casse dello stato.


2) La mancanza di una delineazione di una fascia Isee di accesso.

Altra importante lacuna si è creata per la mancata definizione su chi avesse diritto ad un tale bonus. Si dalle prime bozze nel disegno di legge, la manovra aveva sostanzialmente lo scopo di far riprendere un settore cruciale per coloro che vivono in fasce di reddito molto basse, le cui fragilità economiche si erano incrementate considerevolmente dopo la pandemia. Tuttavia, oltre a questo, la manovra non fece i conti con l’altra faccia della medaglia, ossia sul delineare una fascia di reddito per chi meritasse di accedere a tali agevolazioni. Difatti, sin da subito il bonus partì con delle clausole quasi inesistenti, tant’è che sono stati molti i casi in cui gli usufruitori si sono rivelati membri di fasce di reddito alquanto altolocate, che ne hanno attinto per ristrutturare le seconde case, o immobili secondari, nonostante il loro potere d’acquisto ben permetteva la totale copertura dei costi. Neanche la stretta sui condomini è bastata, tra la saturazione dell’offerta di imprese edili che ormai si era già molto limitata e la corsa delle stesse verso interventi di maggior profitto, molti dei palazzi con classi energetiche molto basse o con gravi problemi strutturali non hanno ricevuto alcun intervento di riqualificazione.


3) La mancata adozione degli altri modelli europei.

Partiamo col dire che prima del superbonus 110 già esistevano detrazioni fiscali per interventi di miglioramento energetico degli immobili che si attestavano al 65% dei costi (tra le più generose in ambito europeo). Difatti una delle principali incertezze era proprio la novità del modello italiano per la transizione ecologica rispetto agli altri modelli europei:la Francia col suo “Maprirénov” stabilì un’agevolazione fiscale sulle ristrutturazioni atte al risparmio energetico associando un colore per le fasce di reddito fino ai 56.130€ senza figli. La più bassa, la blu riguardava i redditi inferiori ai 21.760€ e 30.225€ a seconda della residenza esterna o interna alla regione Ile-de-France (a cui si aggiungevano bonus di 10.000€ per la sostituzione di caldaie e di 8000€ di impianti solari) a cui seguiva la gialla, poi la viola e infine la rosa per i redditi tra i 42.848€ e i 56.130€. La Gran Bretagna invece individuò attraverso il MEES (Minimum Energy Efficiency Standard) una serie di clausole per accedere a dei prestiti statali. Una di queste è l’appartenenza di un immobile a classi energetiche inferiori alla “E” e a una soglia massima di 3500£ per gli interventi, a cui aggiungere se ciò non fosse bastato, l’intervento di una ESCo, ossia un impresa specializzata in edilizia energetica tramite prestiti statali sanciti dal Green Deal Finance Plan o direttamente dalla Contea di appartenenza. La Germania nel 2021 aumentò i finanziamenti statali per l’efficientamento energetico di immobili (costruiti da almeno 10 anni) da 1,85 mld di € nel 2019 agli 8,6 mld di € e ciò si tradusse in un aumento di richieste dei committenti di quasi il 100% (da 326.000 alle 600.000) a cui si accompagnava una detrazione del 20% delle tasse ripartite in 3 anni per un massimale di 200.000€.


4) La vendita del sogno “0 costi, 0 spese”.

Una criticità un po’ più “sociologica” del superbonus risiede nel modo in cui sia il Movimento 5 Stelle prima, che il governo poi, hanno propagandato il racconto di una misura 0 costi 0 spese nei confronti dei propri elettori che al suono della parola gratis si sono subito apprestati a condurre pratiche per l’accesso all’agevolazione, noncuranti ne dei moventi ne degli effetti per il quale il bonus era stato concepito. Questo sommato alla mancata indicizzazione dei beneficiari ha creato letteralmente una “corsa all’oro” per privati e imprese e che si è tradotta in numerose frodi e abusi.

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