Sanremedialità
Siamo nella settimana più attesa dagli italiani, quella di Sanremo. Ma qual è il vero segreto di Sanremo?
Partiamo dal passato, più precisamente dal 1951, prima edizione del festival della musica italiana, che conta tre partecipanti esordienti: Achille Togliani, Nilla Pizzi e il Duo Fasano. È un festival basato solo ed esclusivamente sull’ascolto della musica, considerato l’unico mezzo importante di rappresentazione.
Arrivano poi i cosiddetti mitici anni del boom economico. Sanremo cresce esponenzialmente, le giornate si prolungano, si inizia a guardare la bellezza dei musicanti, la scena, la pubblicità.
La televisione fa il suo ingresso trionfale nelle case cambiando il modo di “vedere” e non più di “ascoltare” il festival, che inizia a diventare moda, trasgressione, gioventù, tutti elementi che fanno si che l’intera visione vada a incentrarsi sui giovani ormai sempre più padroni delle scene.

Arriviamo nel 2023, Sanremo diventa politica, pubblicità, sessualità. Cambia il modo di osservare le rappresentazioni, cambia il numero dei partecipanti, arriviamo dai 3 degli anni 50 ai 28 del 2023.
Tutto si fonda essenzialmente non più sul televisivo, ma sulla tecnologia. Il cellulare e Meta calcano le tanto temute scale del Teatro Ariston, andando a sconvolgere il modo di fare spettacolo.
Argomenti principali sembrano ormai non essere più quelli musicali, ma tutto quello che lega le persone alle macchine virtuali, tanto da farle diventare il vero soggetto di un festival ormai sconvolto dalla modernità.
E così nel giro di circa settanta anni, ci ritroviamo ad essere dei criceti che giocano in una grande macchina chiamata “cultura di massa”, che con i suoi cambiamenti, la sua transmedialità, fa sì che tutto diventi ibrido, tutto diventi un grande tetris che si intreccia fino a dare un unico prodotto finito, dove, come in questo caso, la musica diventa l’ultimo pezzo importante del gioco.