L’influenza dei ritmi circadiani, il disturbo affettivo stagionale e la depressione.
Sono tanti i fattori ambientali e familiari che incidono sulla nostra salute psicologica: con questo articolo, Roberta Relmi spiega il fenomeno.

Uno degli specificatori più importanti della depressione ci indica che l’episodio depressivo talvolta ha una ricorrenza stagionale. In tal caso, si parla di disturbo affettivo stagionale.
Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), la presenza di questo disturbo si evidenzia nel caso ci siano almeno due episodi depressivi maggiori (negli ultimi 2 anni) apparsi nella stessa stagione.
Questi episodi si verificano soprattutto in autunno e/o inverno. Sembra, infatti, ci sia una forte influenza della luce del sole: le persone che vivono in località con climi nordici sviluppano maggiormente questo disturbo, il quale tende a scomparire in estate ed in primavera.
I risultati delle ricerche svolte dimostrano che l’uso di terapie che prevedono l’esposizione alla luce (anche artificiale) può ristabilire un normale ritmo. Questo approccio sembra avere un maggior beneficio a lungo termine rispetto al solo utilizzo di farmaci antidepressivi. (Cheung et al. 2012)
Questo ci fa riflettere sull’incidenza dei cicli circadiani. Tali cicli servono per rispondere ai cambiamenti ambientali. I ritmi sono influenzati da due oscillatori centrali collegati: quando questi presentano anomalie, il paziente riporta cambiamenti d’umore, dell’appetito e del sonno.
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Quindi ritmi circadiani sregolati creano stress, il quale incide sui disturbi dell’umore, in particolare sulla depressione; uniti ovviamente ad altre variabili, come ad esempio la genetica e la personalità.
In particolare il “nevroticismo”, ossia l’affettività negativa, sembra essere un tratto stabile ed ereditario che predispone il soggetto alla depressione, in quanto gli eventi vengono vissuti come più stressanti, l’umore è tendenzialmente più negativo e si verificano spesso stati di ansia e ostilità.
Inoltre, questa caratteristica purtroppo è associata anche ad un miglioramento clinico inferiore.
Chi ha un’affettività positiva è meno soggetto al disturbo depressivo, riesce a provare più sentimenti favorevoli, come la gioia, l’entusiasmo e la fiducia. Persino il livello di introversione e la ruminazione eccessiva sembrano essere fattori di vulnerabilità.
È emersa una base genetica per il nevroticismo e questo è correlato al pessimismo. (Clark, Watson, Mineka. 1994)
Chiaramente, fattori ambientali e familiari incidono sulla vulnerabilità alla depressione: famiglia disfunzionale, stile genitoriale, attaccamento, abuso emotivo. Alcune persone con tali problematiche durante l’infanzia, sviluppano comunque una sorta di resistenza allo stress, quasi come una “vaccinazione” che protegge da eventuali fattori stressanti futuri. (Parker et al. 2004)
Fonte: Psicopatologia e psicologia clinica. Hooley, Butcher, Nock, Mineka. Seguici su Instagram!