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Introduzione alla storiografia di Cesare e Sallustio

Breve ripasso di storiografia romana con il direttore della Voce Indipendente, Antonio Penza.

I due grandi storici dell'età ciceroniana, Cesare e Sallustio, devono in gran parte la bellezza sempre viva e nuova delle loro pagine e la singolarità della loro narrazione, al fatto che essi non furono eruditi o filosofi, raccoglitori avidi o giudici sistematici degli avvenimenti, bensì furono, in minore o maggior grado, attori del grande dramma in cui la lotta fra aristocrazia e democrazia doveva riuscire all'Impero.


Cesare narra di sé stesso e si giustifica davanti alla storia; Sallustio, costretto alla vita privata dopo una vita politica avventurosa, si dà a scrivere storie e ad esercitare in esse la sua passione di parte e la sua pratica degli uomini e delle cose, simile in ciò al nostro Machiavelli, negli ozi forzati della villa di San Casciano. Ciò accade perché la storia presso i Romani rimane un genere essenzialmente artistico e affine all'oratoria.

 

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Cesare e Sallustio sono, come Cicerone, un prodotto diretto della retorica studiata nelle scuole dei Greci. S'intende che bisogna dare a questa parola «retorica» un significato diverso da quello pedantesco e artificioso che essa ha assunto oggi. Del resto, anche il Manzoni osservava che ci sono due retoriche, la buona e la cattiva. È l'arte della parola e del discorso, rivolta a dimostrare o a far credere ciò che a noi piace; propria dell'oratore, essa è anche caratteristica dello storico, in quanto la storia di quei tempi non è, almeno negli storici che noi conosciamo, imparziale, ma bensì o celebrativa o tendenziosa.


Cesare non tanto mira a narrar le proprie imprese, quanto a difendere il proprio operato e a far ricadere il torto di tutto sopra i nemici e sopra gli avversari. Sallustio, da accanito democratico, combatte gli errori e le colpe del partito avversario; e anche se riconosce imparzialmente i difetti dei suoi, ne fa risalire la responsabilità a coloro che furono i primi a malfare.


È insomma il concetto della storia polemica, quale esso fu accolto molti secoli dopo nelle “Storie Fiorentine”.


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