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Il rischio legato all'umanizzazione degli animali


L’essere umano fin dagli albori della sua esistenza ha interagito con molteplici specie animali, ponendosi in una catena trofica che lo vedeva in un’interazione predatore-preda e viceversa. Nel corso del tempo la riduzione del nomadismo, determinata dalla possibilità di sfruttare la terra ed i suoi frutti e l’addomesticazione hanno consentito di usufruire più facilmente di alcune risorse di origine animale. Oggi conviviamo con specie domestiche di ogni genere e, a rientrare tra gli animali da compagnia (di affezione), non sono solo più il cane ed il gatto, ma si fanno spazio anche animali esotici come pappagalli, anfibi, rettili, furetti e ricci.

Ormai condividiamo l’ambiente di casa con diverse specie e le accudiamo come fossero nostri affezionatissimi figli ed è dunque facile trasporre schemi comunicativi propri di noi umani sui nostri animali personificandoli, ciò può essere rischioso. Non si dovrebbe mai dimenticare che diverse specie hanno caratteristiche fisiologiche, morfologiche, funzionali ed etologiche ben diverse; dunque, anche confondere due specie molto simili non restituirebbe dignità all’animale per come si è adattato ed evoluto nel corso del tempo, lo stesso vale per le modalità che quest’ultime impiegano per esplorare l’ambiente circostante e per come lo percepiscono, dunque cercare di forzare la nostra dimensione umana come metodo interpretativo di una dimensione “canina”(nessun animale escluso) è assolutamente pericoloso.



Non sono rari i casi in cui il nostro amico a quattro zampe finisce in ambulatorio perché abbiamo provato a fargli assaporare qualche prelibatezza, credendo di fargli un favore, peggiori i casi in cui il padrone somministra farmaci ad uso esclusivamente umano, con l’intenzione di fargli del bene. Ad esempio, il paracetamolo, principio attivo presente nella semplice Tachipirina, è estremamente tossico per il gatto e causa un’anemia emolitica da trattare tempestivamente. La convinzione che gli animali percepiscano il mondo come noi umani porta ad un’analisi impropria della zootecnia e dell’allevamento che vede la macellazione come il male assoluto da ostracizzare, ignorando il fatto che si possa allevare in maniera etica e sostenibile, tutelando il benessere dell’animale, garante di eccellenti produzioni.



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